Caro viandante, questa settimana vorrei parlarti del significato per me della parola “peccato”.
Vorrei far luce su una dinamica grave, gravissima: la nostra potenziale credenza nei confronti della parola peccato. La sua composizione stessa: pecc-ato ci indica un atto peccaminoso, ma il suo senso in una visuale più  ampia ha più a che vedere con la possibilità di sbagliare direzione, rimanendo in un territorio  a noi stessi dannoso.

In questo senso viene a cambiare parte di quella mortificazione profonda che finirà per produrre altro peccato, cioè altra mortificazione, altro disgusto per ciò che siamo, senza porre risoluzione alcuna al problema, anzi, aumentando il potere di quel cane oscuro al quale stiamo dando da mangiare. 
Il fatto è che per uscire dalla prova quale il peccato è,  e ci vuol mostrare, servono altri tipi di visioni, più di largo respiro; spesso, tali prospettive, ci sono state occultate per manipolazione e potere di taluni nei confronti della massa ignara.

lupi

Occorre l’accettazione di se stessi, incluso ogni limite, ogni ombra, ogni valigia pesante nell’attesa di essere svuotata. 
Questo porterà alla pace. 
C’è da accorgersi che il vero Peccato è sinonimo di disamore, questo è il vero orrido, perché esiste di peggio che raccontare bugie, ed è mentire a se stessi!


C’è di peggio di uccidere ed è avvelenarsi ogni giorno un po’ detestando parti di noi, soffocandole con i sensi di colpa, stringendole nella morsa dell’autoflagellazione col rifiuto, abbandonare per paura di essere abbandonati, essere anafettivi perché cresciuti con la sufficienza e la freddezza nel sentirsi ingiustamente trattati.
Il vero peccato è disconoscerci come scintilla divina, allontanarci in questo modo da quella beatitudine che ci fa sentire viandante, ognuno perfetto per ciò che siamo venuti  ad apprendere.
Il vero peccato è fuggire, anziché cercare una cura.
Molte volte ho creduto che, in una condizione di dis-agio e mal-essere, la soluzione fosse cambiare, iniziare a farlo con il piccolo, ogni giorno un po’, fino a cambiare il grande di noi, senza accorgermi che in un altro modo, si continuava a porre l’attenzione e l’energia al fatto che fossimo rotti, difettosi, dis-funzionanti e quindi che non andavamo bene, caro lettore!

Invece oggi sai che ti dico?
Resta così come sei, esattamente così.
Resta come sei!
Amati così, con quello che c’è o non c’è, fa parte di una tua caratteristica, forse un giorno sarai diverso, ma oggi osserva ciò che sei e accoglilo!

Non parlo di accettazione passiva ma attiva, attivissima: osservo come mi comporto, accetto le mie risposte fuori luogo, burbere, che mi fanno sminuire…accetto la mia rabbia, accetto i miei malanni come risultato di ciò che ho vissuto intensamente. 
Raggiungerò con questa accentazione attiva un certo senso di tranquillità e di pace.
È da questo istante che parte la guarigione e quindi il vero cambiamento, non perché siamo sbagliati, ma perché non siamo più ciò che eravamo prima!

Ti siano rimessi i tuoi peccati viandante, perché sono i tuoi, appartengono solo a te, ma non sono il tuo futuro, se li accogli nel presente come un bilancio di ciò che fin’ ora hai appreso, hai capito, oppure no. Togliendo energia al cane nero del peccato, della cattiva azione nei confronti di noi stessi (prima che dell’altro), noi faremo morire di fame ciò che ci rallenta, nella via verso la gioia.

Una sera un anziano capo Cherokee, raccontò al nipote la battaglia che avviene dentro di noi. Gli disse:”Figlio mio la battaglia è fra due lupi che vivono dentro di noi. Uno è infelicità, preoccupazione, paura, gelosia, dispiacere, autocommiserazione, rancore, senso di inferiorità. L’altro è felicità, speranza, amore, serenità, gentilezza, generosità, verità, compassione.”
…il piccolo ci pensò su un minuto poi chiese: “Quale lupo vince?”
 L’anziano rispose semplicemente: “Quello a cui dai da mangiare.”

 

Pertecipa alla teleconferenza “Viaggio nel magico mondo dei cristalli”. Tutte le informazioni QUI